La scuola nelle mozioni Bersani, Franceschini e Marino


Riprendendo l’iniziativa di StefanoCeccanti  di una lettura sinottica delle tre mozioni dei candidati segretari del PD ho pensato di confrontare i loro testi su un tema cruciale per il nostro paese e particolarmente sentito nel centrosinistra: la scuola.

La lettura sinottica del tema scuola nelle tre mozioni dei candidati segretari al congresso PD non si presenta agevole, data anche la profonda differenza nell’organizzazione delle 3 mozioni: strutturate, anche se per argomenti diversi,  e tutto sommato concise quelle di Marino e di Bersani, discorsiva e notevolmente più lunga quella di Franceschini

La prima cosa che salta agli occhi è la differenza con cui il tema e’ trattato: una decina di righe su un testo di 14 pagine per Bersani; tre, quattro brani nella mozione di Franceschini lunga 40 pagine, tra cui una citazione di Victor Hugo quasi all’inizio del testo, per complessivamente una pagina; un paragrafo e svariate citazioni in quella di Marino, lunga 25 pagine.

Tutti e tre  i candidati parlano di autonomia, merito e valutazione, ritengono la scuola necessaria per l’integrazione e per la mobilità sociale, la vedono infine come motore del paese. Tuttavia su questi temi hanno accenti diversi.

Tutti e tre omettono l’aggettivo pubblica e non parlano di scuole private, che pure è un argomento “caldo”.

Notevole anche la quasi assenza di ogni riferimento a ragazzi e studenti. Bersani riesce a non nominarli neppure, Marino lo fa di striscio e l’unico che li cita è Franceschini, quasi a voler dire che gli studenti siano un oggetto e non un soggetto nella discussione sulla scuola.

Manca pure ogni accenno diretto alla pseudo-riforma Gelmini (e forse e’ meglio cosi’) , ma certo non gli spunti di polemica indiretta, come l’enfasi sulle risorse da parte di Franceschini o la visione della centralita’ della scuola nel nostro paese come nella mozione Marino.

Infine nessuno dei tre parla dei precari della scuola

Passiamo ora ad analizzare le peculiarità nei singoli programmi

Bersani

Il Paese chiede molto alla scuola italiana. È chiamata ad aiutare la mobilità sociale, a mantenere unito il Sud e il Nord, a coltivare e praticare l’accoglienza degli immigrati, a rilanciare l’educazione permanente, a ripensare l’insegnamento tecnico per adeguarlo ai modi di produzione contemporanei.

Per questo bisogna anche aiutare la scuola a cambiare: lontana dalle burocrazie ministeriali e ricca di autonomie, pronta a riconoscere i meriti, capace di valutare i progressi raggiunti rispetto ai livelli di partenza, generosa nel restituire motivazione civile e professionale ai docenti. Scuola, università e ricerca sono la prima fonte di energia per il Paese.

L’impostazione di Bersani è quella classica del centrosinistra: scuola come elemento unificante del paese, inteso come tessuto sociale. Bersani pesca a piene mani dal vecchio programma dell’Unione: formazione permanente, motivazione dei docenti, puntare sull’insegnamento tecnico. L’impressione che ne ricavo è  tuttavia quella di una certa freddezza, di un compitino svolto con diligenza e nulla più.
Franceschini

O come ci ricordano le parole di Victor Hugo che stanno incise nel marmo di uno degli ingressi della Sorbona: “Aprire una scuola è chiudere una prigione”.

Potenziamento degli obblighi/diritti di formazione, da quella di base a quella professionale e continua, rafforzamento dei contenuti formativi dell’apprendistato, che deve diventare lo strumento essenziale per la transizione tra scuola e lavoro; fondo per la dotazione di capitale per i giovani.

La creatività e i talenti si sviluppano a cominciare dalla scuola.

Per questo occorre investire di più in educazione, a cominciare dalla prima infanzia e poi ai vari livelli della scuola, fino alla formazione permanente.

Servono più risorse, non tagli.

Risorse che tengano conto dei bisogni, ma anche della qualità dell’insegnamento per stimolare tutti, insegnanti e studenti a migliorare, per responsabilizzare ciascuno a mettere a frutto il tempo preziosissimo della scuola.

La scuola è un luogo di servizio, di apprendimento e di responsabilità, non un parcheggio.

Vogliamo una scuola autonoma, responsabile e valutabile nei risultati.

Una scuola aperta al mondo esterno, non chiusa su se stessa, che favorisce la crescita sia delle conoscenze sia delle esperienze.

Una scuola aperta e moderna deve investire nelle nuove tecnologie, insegnare la confidenza con i nuovi mezzi tecnologici pc, programmi, internet, da cui nascono nuove professioni.

Occorre anche rilanciare le scuole dell’arte e le facoltà connesse alla cultura, all’arte, alla sua conservazione e recupero ed insieme ad esse anche le facoltà scientifiche.

Il criterio del merito, associato a quello del dovere, deve riguardare in primo luogo la scuola e le università, gli studenti e le loro famiglie.

Ma deve poi riguardare anche la progressione di carriera dei docenti e deve diventare il criterio per il trasferimento di risorse da parte dello Stato alle singole università, con certificazione di qualità in base a parametri europei.

Solo praticando i principi del merito, dell’innovazione, della responsabilità, siamo credibili nel pretendere più autonomia alla nostra scuola e alla ricerca, nel chiedere maggiori investimenti in questi settori per portarli ai  livelli di qualità necessari a competere nel mondo, a ridare prospettive ai giovani e a formare la futura classe dirigente del paese.

Puntare sulla qualità significa puntare sull’eccellenza, sulla parte alta della filiera produttiva, dove contano di più la creatività e il capitale umano.

Significa investire in conoscenza.

Scuola, scuola, scuola e poi università, ricerca, innovazione, cultura

L’intervento di Franceschini è un classico intervento a braccio, appassionato ma forse un po’ confusionario qua e là. Tuttavia è chiaro l’accento sulle risorse necessarie,sul merito e  sulla valutazione, Per Franceschini quello sulla scuola e’ un investimento necessario a fornire/formare creatività e eccellenze al paese.

Marino

Avere a cuore la democrazia significa investire oggi in maniera strategica sulla scuola e sulla ricerca scientifica.

Una scuola inclusiva e di qualità è un nostro obiettivo fondamentale. Tra tutti i paesi europei l’Italia è uno di quelli in cui il ceto sociale di appartenenza e il livello di scolarità dei genitori più influenzano la potenzialità dello studente. Le scuole invece devono tornare a svolgere il proprio ruolo sociale e di integrazione (anche di bambini e ragazzi stranieri), assolvendo ad una funzione generale di crescita dei territori

Il cambiamento deve riguardare anche funzione pubblica, scuola e università: in assenza di un numero di grandi imprese capaci di fare massa critica in settori cruciali quali la ricerca, l’innovazione e l’internazionalizzazione, occorrono amministrazioni pubbliche e università innovative.

Va promossa, inoltre, una cultura dei risultati e della valutazione. Ci vuole trasparenza, soprattutto, e ciò vale anche per le risorse pubbliche: gli italiani hanno diritto di sapere nel dettaglio in che modo vengono spese le imposte che pagano.

Rispondere alle difficoltà di imprese e persone non solo reagendo alle emergenze ma investendo sui tempi lunghi (scuola, università, ricerca, green economy, grandi investimenti) e in una cornice internazionale

Promuovere politiche di accoglienza e di integrazione, che, a partire dalla scuola, diano fondamento all’idea Costituzionale di cittadinanza “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione”.

Promuovere un sistema degli appalti verdi in tutte le forniture della Pubblica Amministrazione e un piano scuola nazionale, per mettere in sicurezza le nostre scuole, per promuovere tra I giovanissimi la cultura della sostenibilità e dare impulso all’edilizia di qualità.

La scuola e la mobilità sociale

Promuovere l’eccellenza e contrastare la dispersione scolastica, con una scuola flessibile e capace di personalizzare i propri obiettivi, inclusiva e di qualità.

Aumentare l’autonomia finanziaria e organizzativa delle scuole, sia per quanto riguarda la definizione dell’offerta formativa, sia per quel che riguarda il reclutamento, le carriere e la retribuzione degli insegnanti: autonomia e valutazione devono muoversi di pari passo, per consentire agli operatori della scuola, dal ministro agli insegnanti, di verificare la bontà delle scelte da loro effettuate.

Stimolare la mobilità sociale restituendo alla scuola una funzione sociale e di sviluppo dei territori.

La mozione Marino è quella in cui appare più evidente la centralità della scuola, cardine della nostra democrazia. Ed è anche l’unica in cui c’e’ un minimo di analisi della situazione scolastica del nostro paese, nonché l’unica che prospetti un obiettivo concreto (il piano scuola) ed è anche l’unica che dedica un paragrafo al tema. Pur condividendo con le altre mozioni i temi di cui abbiamo detto all’inizio, tuttavia il tema dell’autonomia è spinto molto più a fondo  fino a prefigurare un reclutamento e una progressione di carriera gestiti dalle single scuole, classici cavalli di battaglia della destra e quindi possibili forieri di polemiche e di scontro.

Riassumendo, a mio parere, i tre candidati condividono una medesima visione della scuola, anche se ne declinano lati diversi. Tuttavia mentre Marino ne fa uno dei pilastri portanti della sua mozione, tale preminenza non mi appare nelle mozioni Franceschini, forse sfavorita da una struttura molto discorsiva,  ne’ tantomeno in quella di Bersani in cui la scuola appare come un qualcosa di cui si deve parlare, senza molta anima.

Rimangono tuttavia alcune pesanti omissioni: il ruolo della scuola pubblica e di quella privata e quello degli studenti.

Pubblicato il 5 agosto 2009, in Partito Democratico, Politica, Scuola con tag , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 6 commenti.

  1. Complimenti, ottimo lavoro. Importante per chi, come deve ancora prendere posizione per il congresso PD e ritiene la scuola (e la sua visione) un possibile discriminante nella scelta!

  2. A me sembrano solo affermazioni di principi fatte da persone che non sentono nemmeno più da lontano l’odore della scuola. Manca nei tre una visione sistemica del problema scuola ……..che collega la scuola agli altri problemi sociali Apprezzo il confronto che hai fatto

  3. Mi sembra molto limitante che Marino e Franceschini non abbiano nemmeno menzionato il ruolo centrale della scuola nei processi di integrazione culturale degli immigrati, un compito immane e centrale per la tenuta della società di domani.
    Sulla proposta di Marino, altre perplessità:
    Va bene l’eccellenza, ma la scuola non è fatta solo dalle sue punte (i licei prestigiosi che in Italia ci sono sempre stati).
    Molto discutibile poi questa enfasi sull’autonomia finanziaria e organizzativa, che può determinare frammentazione e mancanza di controllo. L’autonomia nel caso dell’università non ha dato risultati soddisfacenti, mi riesce difficile immaginare che questa sia una ricetta applicabile per la scuola.

    • Ciao Massimo,
      sull’integrazione forse non hai visto questo passaggio di Marino

      ‘Le scuole invece devono tornare a svolgere il proprio ruolo sociale e di integrazione (anche di bambini e ragazzi stranieri), assolvendo ad una funzione generale di crescita dei territori”

      Riguardo all’autonomia mi preoccupa piu’ quella sul reclutamento e la valutazione, che privo di un solido quadro normativo nazionale, puo’ dare adito a molti arbitrii. Ed e’ uno dei punti che meno di convincono della mozione Marino

      Riguardo all’autonomia finanziaria c’e’ poco da dire: non ci sono i soldi, ergo non ci puo’ essere nemmeno l’autonomia finanziaria, anche se la vedrei con favore, perche’ l’autonomia didattica non si realizza senza autonomia finanziaria

  4. molta confusione, poco rinnovamento

  5. Giampaolo Sbarra

    Lavoro utile. Non mi interessa questo PD (il dibattito pre-congressuale mi pare prescindere dall’Italia), ma mi piace l’ipotesi Marino per la scuola. Tuttavia la ritengo troppo avanzata per la sinistra italiana, che ha ancora bisogno e voglia di slogan e di “sentirsela raccontare”, invece che di idee nuove. E soprattutto è succuba del sindacato.

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